Antonio Gramsci, intellettuale universale sempre attuale

Rivisitare il pensiero di Gramsci è importante perché Gramsci ha lasciato il segno nella storia intellettuale del mondo. Di quest’uomo straordinario vale ricordare, in brevi cenni, la vita e il pensiero. Soprattutto per i più giovani. Gramsci è nato ad Ales il 22 gennaio 1891, è vissuto e ha studiato a Sorgono, a Ghilarza, a Santulussurgiu, a Cagliari, a Torino. La sua formazione iniziale è sardista e socialista. A Cagliari, dove frequenta il Liceo Dettori, raggiunge la sua prima maturità intellettuale e politica ed è già socialista. A Torino studia all’Università, diventa giornalista, dirigente politico. Nel 1921 è tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia e poi segretario nazionale di questo partito e deputato al Parlamento. Nel 1926 è arrestato dal fascismo per la sua attività politica. La costrizione carceraria chiude la sua esistenza, ma il suo cervello funziona per altri undici anni. Muore a Roma il 27 aprile del 1937.

Il suo lascito è universale: i “Quaderni”, le lettere e una mole immensa di altri scritti.
E’ il lascito del più grande pensatore della democrazia nell’ultimo secolo. Il suo pensiero è diventato un passaggio obbligato, punto di riferimento fondamentale per gli intellettuali di tutto il mondo, non solo per la sinistra, ma per tutti, al di là di ogni appartenenza. La sua identità di sardo, di italiano si coniuga con la sua universalità, col valore universale del suo pensiero.

Egli parte dall’analisi della “questione sarda” per giungere alla comprensione della complessa realtà di storia, di cultura, di lingua dell’Italia, dell’Europa, del mondo e ipotizzare il “treno” di forze sociali necessario per cambiare. Ritiene la questione meridionale, sulla quale scrive uno specifico saggio, questione nazionale, che non domanda piccole misure settoriali, ma esige risposte generali, una nuova politica nazionale dell’Italia. Egli parla di repubblica federale, di autogoverno, per il Meridione, per la Sardegna, per la Sicilia, per la complessa realtà pluralistica dell’Italia e vede nella società civile l’ambito dell’esercizio e dell’affermazione della volontà collettiva, della partecipazione e dell’autogoverno. Della Sardegna studia la storia, la lingua (il sardo è una lingua non un dialetto) il fenomeno del banditismo, del quale indaga le radici sociali, il folclore (una cosa sera, non una bizzarria).

Gramsci considera la società civile fondamentale per la costruzione dello Stato democratico basato sul consenso, sull’egemonia. L’egemonia non è coercizione, dominio, è direzione intellettuale e morale. Le classi dirigenti sono veramente tali se la loro forza si fonda sull’egemonia come consenso, attraverso l’economia, la cultura, la scuola, le istituzioni. Attraverso una “riforma intellettuale e morale”, cioè un rinnovamento radicale e profondo della società, che è, prima di tutto, riforma economica e risposta ai bisogni materiali, essenziali dei cittadini. Ma la “riforma intellettuale e morale” è, insieme “progresso intellettuale di massa e non di scarsi gruppi intellettuali”, per portare tutti “ai livelli più alti di civiltà e di cultura”, per superare e vincere il sistema delle due culture, una per i dotti e una per gli umili, per gli strati “depressi” della società. Come è possibile questa riforma? Con la scuola innanzitutto, una scuola di base uguale per tutti, che formi il cittadino “governante”.

Con la democrazia, che è autogoverno e sostanza del socialismo «passaggio molecolare dai gruppi diretti al gruppo dirigente», è «libertà per tutti e di tutti». Costruire la democrazia è compito della politica, la più nobile occupazione dell’uomo, aveva detto Socrate. Ben lo sappiamo se essa, la politica, non degrada. E altrettanto vale per il ruolo altissimo che si chiede ai partiti. Il partito è, per Gramsci, , non un uomo singolo, ma l’espressione della “volontà collettiva” ed è il “banditore e organizzatore della riforma intellettuale e morale “il costruttore di una civiltà superiore”, di un mondo nuovo nel quale la società politica (governo dei funzionari) sia assorbita dalla società civile (autogoverno) e in prospettiva sia resa superflua ogni coercizione e lo Stato stesso diventi superfluo e abbia come “fine la sua propria fine”.

Un sognatore? No una stella polare. Un riferimento fondamentale per tutti, un classico, che travalica il proprio tempo e sollecita a riflettere sul nostro presente. Mentre viviamo una straordinaria svolta epocale e siamo dentro il tunnel di una crisi economica, più grave, si teme, di quella del 1929. Mentre campeggia la rivoluzione informatica, forse la più grande rivoluzione della storia dell’uomo, mentre do mina il potere mediatico, imperversa la globalizzazione selvaggia, , svaniscono regole, principi, valori, prospettive e, per molti, cade anche la qualità della vita. Ma la rivoluzione informatica, la globalizzazione, la scienza, la tecnica dovranno servire e serviranno a rendere migliore la vita dell’uomo. E’ possibile. Occorre – per dirla con Gramsci – “l’ottimismo della volontà”, per costruire salde certezze di futuro. Per questo vale parlare di Gramsci e conoscere il suo pensiero.

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