In mostra i Quaderni del Carcere di Antonio Gramsci
I Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci sono arrivati a Cagliari in una bella mostra ospitata nei locali della Fondazione Sardegna in Via San Salvatore Da Horta. Il luogo ha una sua valenza simbolica importante per le vicende biografiche di Gramsci che conosceva bene quella parte di città che l’ospitò dall’autunno del 1908 fino all’estate del 2011. Gli anni della sua vita che lo videro studente al Liceo Dettori.
Anni importanti, messi bene in luce e illustrati all’inaugurazione della mostra prima dal Presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras, nel suo breve intervento ha voluto ricordare soprattutto l’impegno della fondazione da lui presieduta, in innumerevoli iniziative culturali, artistiche e editoriali, nelle quali la Fondazione Sardegna è mecenate generoso e allo stesso tempo, molto orgogliosa di farlo in nome di uno dei figli migliori della Sardegna. Si è chiesto poi quale sarebbe stato un tema gramsciano su cui riflettere oggi e lo ha individuato nel fenomeno dell’immigrazione globale. Subito dopo Massimo Zedda, Sindaco di Cagliari, ha ripercorso il triennio di Gramsci a Cagliari, servendosi delle testimonianze dei cagliaritani che l’hanno conosciuto e ne hanno tramandato la memoria attraverso i loro discendenti. Spesso suoi coetanei. Ha ricordato le grandi manifestazioni di popolo svoltasi a Cagliari, il 27 aprile del 1947, in occasione del decimo anniversario della morte di Gramsci, Palmiro Togliatti parlò, ad una folla attenta, della figura di Antonio Gramsci figlio della sua terra, della Sardegna, di un Gramsci sardo. Ha continuato con la manifestazione del 27 aprile del 1977, quando Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, parlò ad una folla sterminata, affacciato al balcone di una finestra del palazzo municipale che da sul Largo Carlo Felice. Ha sottolineato l’importanza simbolica che questo fatto ha acquisito nel tempo. Un segretario del Partito Comunista che commemora uno dei fondatori e poi segretario dello stesso partito ospite del comune che lo ha ospitato e visto crescere, camminare e sentito parlare negli anni della sua prima crescita politica e intellettuale.
Sulla scia di questa storia ha annunciato che l’Amministrazione comunale sempre in collaborazione con la Fondazione Sardegna ha acquistato l’opera del compianto Pinuccio Sciola “La porta della cella di Gramsci”, uno grossa stele in granito lavorata in superficie come un delicato ricamo, che verrà sistemata nella ristrutturata Piazza Gramsci. Termini, questi, ripresi anche nell’intervento che è seguito, quello di Francesco Giasi, giovane direttore della Fondazione Istituto Gramsci di Roma che insieme alla Fondazione Casa Gramsci ha organizzato la mostra di Cagliari. Giasi si è soffermato soprattutto sugli stimoli che una città come Cagliari ha dato al Giovane liceale Antonio Gramsci proveniente da un’esperienza scolastica frammentaria e non corrispondente alle sue aspettative. A cagliari trova docenti preparati e appassionati alle discipline di insegnamento. Uno su tutti Raffa Garzia, direttore e proprietario dell’Unione Sarda che avvierà il Giovane Gramsci alla professione giornalistica. Ma vi trova anche stimoli politici e culturali, prima di tutto frequentando la Camera del lavoro di via Barcellona dove il fratello maggiore Gennaro è cassiere ed impegnato come militante e dirigente nella locale sezione del Partito Socialista. La Cagliari che accoglie Gramsci ha una notevole vivacità culturale, ha proseguito Giasi, vi si stampano giornali e riviste che attraggono la curiosità del giovane studente, il quale partecipa attivamente alle iniziative del circolo “I giovani del libero pensiero”, dedicato a Giordano Bruno.
Ha concluso la presentazione Gianni Francioni, professore ordinario di Storia della filosofia, titolare dei corsi di Storia della filosofia moderna, di Storia della filosofia dell’Illuminismo e del Laboratorio di storia della filosofia dell’Università di Pavia, curatore dell’edizione anastatica dei Quaderni del carcere e componente della commissione che cura l’edizione nazionale degli scritti di Gramsci, Il suo intervento è stato tutto incentrato sulla storia e i contenuti dei Quaderni e sul modo di lavorare del prigioniero Antonio Gramsci. Ha smontato la leggenda che vuole Gramsci un detenuto privilegiato, al quale era permesso leggere e studiare e scrivere in cella. Era semplicemente l’applicazione di un articolo del codice carcerario del quale fu lui stesso a chiedere l’applicazione al direttore del carcere di Turi dove era ristretto. Partito da una nota Gramsciana dell’8 febbraio del 1929 dove il filosofo di Ales mette in chiaro tutti gli argomenti che verranno vagliati dalle sue riflessioni, Francioni si è soffermato con precisione puntigliosa sulle difficoltà con cui il prigioniero lavorava a causa delle ristrettezze fisiche e materiali. Dopo aver avuto il permesso di avere in cella carta penna e inchiostro, mai più di quattro pezzi per volta, deve inventarsi un linguaggio tutto suo per superare le ferrea censura fascista che, occhialuta, scruta parola per parola, riga per riga, tutto ciò che lui scrive. Si inventa quel linguaggio che la cognata Tania, definirà “esopico”. Dove Stalin diventerà Bassarione, Lenin Ilici e Marx semplicemente M. iniziatore della filosofia della prassi.
La mostra, di cui ci occuperemmo in altra occasione, oltre ai quaderni originali custoditi in teche sicure e adatte all’esposizione, presenta cento libri del Fondo Gramsci che al suo interno contiene i volumi che hanno accompagnato Antonio Gramsci nella sua vita carceraria e nelle sue peregrinazioni in Italia e in Europa durante la sua vita di Rivoluzionario di professione. La mostra è visitabile tutti i giorni dalle ore 10,00 alle 20,00 fino al 22 ottobre.
L’ingresso è gratuito.
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