L’albero del riccio

L’albero del riccio è una favola che Antonio Gramsci Scrive ai figli che non ha potuto veder crescere. Ora è anche un murale che l’artista Massimo Spiga ha dipinto su un muro prospicente l’omonima piazzetta nel comune di Ales.
La raccolta delle fiabe che Nino Gramsci scrisse ai figli ha preso il titolo dalla fiaba e ora è un suo scritto tradotto in tutto il mondo, anche in sardo. Sa mata de s’eritzu, Sa mata de arritzoni, nelle varianti logudorese e campinadese.

In precedenza altri artisti si erano cimentati con gli scritti gramsciani. Una delle favole della raccolta, “Il topo e la montagna”, era stata riletta plasticamente da Maria Lai nella sua scultura in acciaio presente alla Stazione dell’arte di Ulassai. Sempre in ambito scultoreo, ma stavolta in pietra, abbiamo la grande stele in granito “La porta della cella di Gramsci” di Pinuccio Sciola e ad appena cento metri dal murale di Massimo Spiga c’è il Piano d’uso collettivo A. Gramsci di Gio Pomodoro.

C’è da dire che in ambito muralistico la figura di Gramsci è sfruttatissima, ma sono quasi tutte opere di carattere celebrativo, didascaliche. Il lavoro di Spiga va oltre. Si cala nello spirito dello scritto gramsciano e ne fa emergere la poetica profonda che l’artista ci rende sotto forma di colori potenti e forti, dominati dal verde della vegetazione e dal rosso delle mele, insieme al policromismo dei ricci che vengono raffigurati in dei medaglioni, sull’albero e sul suolo, intenti alle varie fasi della raccolta delle mele. Al fruitore distratto consiglierei di soffermarsi ad osservare tutte le espressioni dei ricci nella loro operosità.

Nella parte alta dell’opera, a sinistra di chi guarda, abbiamo un ritratto di Antonio Gramsci con i due figli, Delio e Giuliano, rigorosamente in bianco e nero su sfondo rosso. Nella parte bassa, centralmente, con una rara potenza visiva, abbiamo alcuni fogli (lettere?) che intersecano con le radici dell’albero delle mele. Mentre sulla destra una teoria di bambini, sovrastati da una luna rassicurante, osserva di nascosto il lavoro dei ricci operosi.

L’opera di Massimo Spiga, che ad Ales ha realizzato, sempre su commissione dell’Associazione Casa Natale Gramsci, anche la stele che ricorda la figura di Emilio Coni, uno dei martiri di Sutri vittime della bieca violenza nazi-fascista, ha qualcosa in comune con i lavori di Maria Lai, non tanto con la scultura Il topo e la montagna, ma con altri lavori dell’artista ulassese ispirati dalle Lettere dal carcere di Gramsci. Li accumuna la ricerca di un modo gioioso di rendere esteticamente godibile la complessità degli scritti gramsciani

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